Torna all'indice del n° 9 - novembre 2001
Le
tre deviazioni
Dalle
FSRS al (nuovo)Partito comunista italiano
Le
FSRS sono quanto resta nel nostro paese del movimento comunista inteso come
movimento consapevole e organizzato. Il compito storico delle FSRS è
ricostruire un vero partito comunista, primo passo da compiere per la rinascita
di un movimento comunista, inteso ancora come movimento consapevole e
organizzato ma che coinvolge ampie masse in primo luogo di operai e in generale
di proletari e di masse popolari. Le FSRS che resteranno estranee alla
realizzazione di questo compito o si estingueranno o finiranno nel campo
nemico.
A
questo compito storico delle FSRS si oppongono, dall’interno delle stesse FSRS,
alcune deviazioni. Le principali deviazioni sono tre: il neorevisionismo, l’economicismo,
il militarismo. È caratteristico della condizione attuale del movimento
comunista, cioè del suo stadio di mondo di FSRS che si ignorano reciprocamente
e in cui non si svolge una forte lotta ideologica, il fatto che esistono cento
sfumature di neorevisionismo e di economicismo e molte sfumature di militarismo
e in alcune organizzazioni e compagni più deviazioni addirittura si confondono
e convivono (e anche questa confusione e convivenza ha un significato: lo
vedremo più avanti). Solo in poche FSRS esiste una deviazione sola, in forma
per così dire pura. Nonostante ciò, idealmente le tre deviazioni sono ben
distinte. I costruttori del partito devono individuarle chiaramente,
distinguerle (pur comprendendo ciò che le unisce), per condurre con efficacia
in ogni FSRS la lotta per mobilitare la sinistra contro la destra che impersona
la deviazione predominante. In molti casi infatti si tratterà di “mostrare in
uno specchio la sua immagine a uno che non si è mai visto”.
I
seguaci della prima deviazione (i neorevisionisti) perpetuano la
concezione prevalsa nel vecchio partito comunista sotto la direzione dei
revisionisti: la lotta degli operai, dei proletari e delle masse popolari
consiste nella lotta politica rivendicativa (rivendicazione di misure legislative
favorevoli da parte dello Stato dei capitalisti) e nella lotta economica
(rivendicazione di salari, condizioni di lavoro e istituti previdenziali
migliori). Li distingue dal vecchio partito comunista diretto dai revisionisti
il fatto che oggi non vi sono più le condizioni generali economiche (periodo di
ripresa dell’accumulazione del capitale e di sviluppo dell’attività economica)
e politiche (minaccia comunista sulla borghesia) che rendevano realista (cioè
fruttuosa di risultati) la linea politica revisionista del vecchio partito
comunista. I neorevisionisti sono in sostanza sostenitori della “via pacifica e
democratica al socialismo”. Impostano la loro attività politica come se (e, se
pensano, pensano che) la società evolverà più o meno gradualmente e
pacificamente verso il socialismo, spinta da manifestazioni, dibattiti,
proteste, scioperi, maturazione culturale, scaramucce e buona volontà. Sono
decisamente contrari alla settima discriminante e legalitari, spesso contrari
persino alla quarta discriminante.(1) Non si pongono il problema della forma e
delle forze motrici della rivoluzione socialista. Trascurano gli obiettivi
storici e strategici della classe operaia e si interessano esclusivamente o
quasi esclusivamente agli obiettivi immediati e parziali (cioè di categoria o
di piccolo gruppo), alle soluzioni “realistiche e credibili” (come vengono
dette le soluzioni compatibili con l’attuale ordinamento della società). Questa
tendenza ha anche un rappresentante istituzionale: il PRC. Le FSRS neorevisioniste
non rompono o hanno difficoltà a rompere il cordone ombelicale col PRC. Se
arrivano alla rottura, parlano di “rottura ideologica”, ma quando ci sono le
elezioni, per “non disperdere voti di sinistra” non ne approfittano per
raccogliere forze e risorse per il nuovo partito comunista e per creare tra le
masse un terreno più favorevole alla sua costituzione. La loro rottura politica
e organizzativa col PRC resta, se c’è, nelle dichiarazioni. Non seguono con
coerenza la linea che ogni rivendicazione e lotta particolare è subordinata
all’obiettivo della ricostruzione del partito comunista. Si sentono parte della
“sinistra” che comprende anche il PRC e magari anche i DS e il PDCI e la
borghesia di sinistra in generale. O, all’opposto, hanno la regola fissa di
prendere sempre e a ogni costo su ogni problema particolare la posizione
opposta a quella del PRC: benché sia ovvio che se mi vincolo a fare sempre il
contrario di Tizio, io non sono autonomo da Tizio, ma una marionetta di Tizio.
La
lotta contro il neorevisionismo tra le FSRS si esprime principalmente 1. nella
professione e nella propaganda che nessuna importante e stabile conquista è
possibile senza un vero partito comunista e 2. nell’indicazione della
costruzione di un vero partito comunista quale obiettivo che condiziona ogni
avanzamento.
I
seguaci della seconda deviazione (gli economicisti) limitano anch’essi
la lotta degli operai, dei proletari e delle masse popolari alle rivendicazioni
economiche e politiche. Le FSRS economiciste più “pure” (es. Contropiano,
Coordinamento comunista, ANA, AsLO, Inchiesta Operaia, Cobas, ecc.) sembrano
quasi confondersi con i neorevisionisti intesi come sopra indicato. Ma sarebbe
uno sbaglio scambiare questa apparenza per la sostanza. Gli economicisti si
limitano e limitano alla lotta economica perché sostengono che “ricomporre la
classe operaia”, “radicarsi tra gli operai” come portavoce coerenti di
rivendicazioni “sentite da tutti”, “creare nuovamente un grande movimento di
massa”, “rilanciare la lotta rivendicativa su larga scala”, “creare un
sindacato di classe” o come altrimenti formulino l’obiettivo immediato della
loro attuale attività, è il passaggio obbligato per fondare il partito
comunista e rilanciare l’attività rivoluzionaria e la lotta per il socialismo.
Per essi l’obiettivo è la rivoluzione socialista e non le riforme e i
miglioramenti (spesso sostengono addirittura che non sono possibili), ma
sostengono che per portare le masse alla politica rivoluzionaria occorre prima
mobilitarle nella lotta economica e in generale nella lotta rivendicativa.
Anche nelle rivendicazioni li distingue dai neorevisionisti e dalla borghesia
di sinistra (centro-sinistra) il fatto che essi non limitano le rivendicazioni
alla misura di ciò che è compatibile con le “esigenze” della borghesia, a
rivendicazioni più o meno accettato dalla borghesia. Anzi tendono a
estremizzare, a inventare “obiettivi incompatibili”. Questo aspetto fa
rientrare le organizzazioni economiciste nell’ambito delle FSRS per due versi.
Da una parte fa sì che ad esse aderiscano lavoratori avanzati che sono
“naturalmente” comunisti. Dall’altra impedisce che i loro fautori si fondano
con l’aristocrazia operaia annidata nelle istituzioni residue del vecchio
movimento comunista e che si intruppino semplicemente nelle organizzazioni
sindacali del regime, li mantiene ai margini di esse e li spinge a contrapporsi
alla borghesia le cui “esigenze” crescono man mano che la crisi generale
progredisce. L’aspetto ideologico positivo degli economicisti è che essi
riconoscono implicitamente che le masse e solo le masse possono spazzar via
l’attuale ordinamento sociale e instaurarne uno superiore. L’aspetto ideologico
negativo degli economicisti è che essi si trascinano alla coda delle masse e
svolgono sulle masse un’opera negativa di demoralizzazione, disfattista, di
soffocamento dei loro slanci rivoluzionari, in alcuni casi perfino favorevole
al corporativismo, al ripiegamento della classe operaia su se stessa, alla sua
contrapposizione alle altre classi delle masse popolari. La deviazione
economicista è apertamente e ampiamente appoggiata dalla borghesia imperialista
(borghesia di sinistra), come partito operaio borghese o “partito operaio
americano”.(2) Essa tuttavia rifiuta concessioni economiche e normative,
elimina le conquiste economiche e normative strappate nel passato e teme la
conflittualità diffusa. Le organizzazioni che incarnano la deviazione
economicista entrano anche in numerose altre contraddizioni: in particolare con
le residue organizzazioni di massa del vecchio movimento comunista. Non possono
avere grande sviluppo proprio perché non possono portare i lavoratori a
ottenere risultati significativi.
La
lotta contro l’economicismo tra le FSRS si traduce principalmente 1. nella
professione e nella propaganda della concezione comunista del mondo (la
classe operaia e le masse popolari sono
capaci di far propria e condurre una politica rivoluzionaria; è impossibile
nella società borghese nelle fase attuale un miglioramento delle condizioni di
vita e di lavoro stabile ed esteso a tutte le classi delle masse popolari o
anche solo a tutta la classe operaia) contro la concezione del mondo
economicista (la classe operaia e le
masse popolari si mobilitano solo per i loro diritti economici: una concezione
borghese dell’operaio, come parte contraente, come attore nel mercato della
compravendita delle merci, come il borghese lo vorrebbe) e 2. nell’indicare
come prioritari alcuni compiti (la costruzione del partito) invece di altri (i
tentativi di mobilitare su larga scala le masse mantenendole sul terreno
unicamente economico e comunque interno all’attuale ordinamento sociale,
tentativo di creare “sindacati di classe” senza partito comunista).
I
seguaci della terza deviazione (i militaristi) perpetuano la risposta
unilaterale data alla fine degli anni ‘70 dalle Brigate Rosse (nella fase del
loro declino) e da altre organizzazioni dell’epoca (OCC) alla “via pacifica e
democratica” al socialismo imposta e predicata dai revisionisti. Alla “via
pacifica e democratica” dei revisionisti le BR e altre OCC contrapposero la sua
negazione: la via delle armi e della violenza rivoluzionaria. In realtà al
revisionismo bisogna contrapporre il comunismo. Solo il comunismo che affronta
i problemi nuovi posti dalla situazione effettiva e che supera gli errori e i limiti del
vecchio movimento comunista, poteva e potrà portare alla vittoria. Non mi
soffermo qui a spiegare perché la risposta al revisionismo data dalle BR e
dagli altri gruppi militaristi degli ultimi anni ‘70 era sostanzialmente sbagliata,
precisamente unilaterale - e la sconfitta fu una conseguenza di questa
deviazione e non della forza della borghesia.(3) Distingue i militaristi di
oggi dalle BR e dalle altre organizzazioni degli anni ‘70 il fatto che oggi non
vi sono più le condizioni generali economiche (periodo di ripresa
dell’accumulazione del capitale e di sviluppo dell’attività economica) e
politiche (fiducia della classe operaia in se stessa, apparente avanzata
trionfale del comunismo nel mondo - rivoluzione Culturale proletaria, Vietnam,
ecc., smarrimento della borghesia imperialista) che moltiplicavano le adesioni
tra gli operai e tra le altre classi delle masse popolari e perfino tra frange
della borghesia imperialista. I militaristi di oggi sono costituiti da piccoli
gruppi clandestini, isolati dalle masse e convinti essi stessi di supplire
(supplenza a tempo indeterminato o supplenza a tempo determinato) una classe
operaia che non vuole o non può condurre quella che essi chiamano una politica
rivoluzionaria (essi la riducono semplicisticamente a lotta armata e, di
riduzione in riduzione, ad attentati a cose o persone della borghesia
imperialista). Li distingue dal terrorismo individualista anarchico la
concezione che li anima che in parte resta ancorata ad aspetti e parole d’ordine
del movimento comunista. Questo ultimo aspetto fa rientrare le organizzazioni
militariste nell’ambito delle FSRS per due versi. Da una parte fa sì che ad
esse aderiscano giovani e lavoratori che aspirano al comunismo. Dall’altra
impedisce che i loro fautori si intruppino semplicemente nel mondo anarchico
individualista che è sostanzialmente una degenerazione della borghesia
imperialista (la negazione unilaterale di essa: invece che diventare capitano
d’industria diventare un bandito), benché anche il mondo degli individualisti
anarchici resti suscettibile, negli individui, di portare oltre, verso il
movimento comunista, data la rottura pratica che comunque comporta con certi
aspetti della borghesia. L’aspetto ideologico positivo dei militaristi è che
essi pongono il problema della violenza rivoluzionaria e dell’aspetto militare
della rivoluzione socialista. L’aspetto politico negativo dei militaristi è che
essi offrono alla borghesia imperialista una delle armi con cui essa lotta
contro la ricostruzione del partito comunista: gli attentati che essi compiono
mascherano anche quelli compiuti o facilitati dalla borghesia imperialista per
alimentare la confusione tra comunismo e militarismo e distogliere dal lavoro
per la ricostruzione del partito sia gli operai avanzati disgustati dalla
esperienza militarista degli anni ‘70 sia gli operai avanzati che hanno ancora
qualche illusione nella possibilità rivoluzionaria del militarismo.
Per
condurre in modo giusto la battaglia teorica contro il militarismo è indispensabile
comprendere i Dieci punti indicati in La Voce n. 8, in
particolare il punto 10. La lotta armata per i comunisti non incomincia negli
anni ‘70, ma accompagna tutta la storia del movimento comunista nell’epoca
imperialista. La guerra popolare rivoluzionaria non si riduce al suo aspetto
militare (la lotta armata è solo un lato di essa), implica la mobilitazione e
l’organizzazione delle masse popolari (mobilitazione rivoluzionaria delle
masse). Il nostro maestro per la guerra popolare rivoluzionaria è Mao Tse-tung.
La
lotta contro il militarismo tra le FSRS si traduce principalmente 1. nella
professione e nella propaganda della concezione comunista del mondo (sul ruolo
delle masse popolari e sulla capacità rivoluzionarie della classe operaia e
delle masse popolari nella società attuale) contro quella militarista (il ruolo
degli eroi) e 2. nell’indicazione che bisogna affrontare alcuni compiti (la
costruzione del partito comunista) invece di altri (la costruzione di OCC e
assestare colpi alla borghesia).
Economicismo
e militarismo hanno in comune di essere due forme di spontaneismo (dell’operaio
arretrato il primo, dell’intellettuale indignato il secondo) e di sfiducia
nelle capacità rivoluzionarie della classe operaia. Questo è il significato
della loro convivenza e confusione cui sopra accennavo.
È da
tenere presente anche ciò che unisce il militarismo al bordighismo, vecchia
malattia del movimento comunista italiano: il fatto di assumere come unica
forma della tattica un aspetto della strategia, rinunciando quindi di fatto ad
avere una tattica e deformando la strategia.(4)
I
costruttori del partito devono lottare nel mondo delle FSRS perché ogni FSRS
progredisca e perché chiunque può contribuire alla ricostruzione del partito
comunista, vi contribuisca. Bisogna condurre una lotta serrata basata per ogni
FSRS su una accurata inchiesta per individuare la sinistra partendo dal lato
positivo che si esprime nel lavoro che la FSRS compie e per individuare la
destra e la deviazione predominante che impedisce che il lavoro svolto sia
efficace. Quindi mobilitare la sinistra perché isoli la destra e unisca a sé il
centro. Il terreno su cui mobilitare la sinistra di una FSRS è, a secondo della
natura della FSRS, 1. o la ricostruzione del partito comunista (il giusto modo
di lavorare alla ricostruzione del partito comunista: creare le quattro
condizioni e attuare il “piano in due punti”) se si tratta di una FSRS che
dichiara di voler lavorare per la ricostruzione del partito comunista, 2.
oppure il giusto modo per mobilitare (contro la borghesia imperialista e per
instaurare il socialismo) le masse cui la FSRS rivolge il suo lavoro (per
mobilitare gli operai nella lotta rivendicativa occorre legare gli operai
avanzati al lavoro della ricostruzione del partito comunista, analisi della
situazione, della linea che la FSRS segue nel suo lavoro e dei risultati) se si
tratta di una FSRS che dichiara di voler mobilitare le masse popolari contro la
borghesia imperialista, 3. oppure la strada per eliminare la borghesia imperialista
se si tratta di una FSRS che dichiara di voler colpire la borghesia
imperialista (es. i gruppi militaristi).
Occorre
infine distinguere le deviazioni vere e proprie dallo stato diffuso di
incostanza, non assumersi responsabilità, rassegnazione, apatia, lassismo,
spappolamento intellettuale e morale, indifferenza, mancanza di senso morale,
abbrutimento, inattività, resistenza a imboccare con decisione la via della
lotta, mancanza di coerenza, di vigore intellettuale e morale, di ardore
implacabile, di dedizione totale alla lotta rivoluzionaria, di determinazione,
ecc. La lotta contro questo stato diffuso è cosa diversa dall’individuare e
combattere le deviazioni (per importanti che siano le connessioni tra lo stato
d’animo generale e le deviazioni). La lotta contro questo stato generale
richiede metodi e segue leggi diverse dalla lotta contro le deviazioni: cioè
dalla lotta contro le concezioni che deviano dagli obiettivi giusti le energie
di chi opera e le incanala su obiettivi sbagliati, inconcludenti o dà ad esse
metodi di lavoro che le rendono sterili. Casarini, Negri, i membri dei gruppi
militaristi, alcuni capi economicisti non sono inconcludenti e depressi:
lavorano con grande energia e con molte risorse in una direzione sbagliata che
sostengono, propagandano e impongono. Il grande Lenin non confondeva la lotta
contro l’opportunismo (in Russia: l’economicismo), con la lotta contro
l’incostanza, la mancanza di fermezza, le oscillazioni, l’indolenza,
l’oblomovismo (come allora chiamavano in Russia la “malattia” di cui parliamo),
ecc. Su questa diversa lotta mi ripropongo di tornare in un prossimo articolo.
Qui mi basta dire che occorre distinguere la lotta contro quelli che in questa
fase impersonano le principali deviazioni antipartito, le principali deviazioni
che distolgono forze dal lavoro per la ricostruzione del partito, la lotta sul
terreno politico (contro una malattia consistente nell’individuazione sbagliata
del lavoro da compiere) dalla lotta pur necessaria contro gli stati d’animo e
gli atteggiamenti diffusi che ostacolano l’assunzione di un maggiore impegno
nel lavoro rivoluzionario che sono presenti nel mondo delle FSRS. Questi stati
d’animo e atteggiamenti sono dannosi, ma la cura è necessariamente una cura a
lungo termine, mentre il nuovo partito comunista lo costruiscono i migliori tra
gli aspiranti comunisti di oggi e sono le forze esitanti di oggi che nonostante
i loro difetti aprono la strada al “partito avanguardia organizzata della
classe operaia” di domani.
Tonia N.
NOTE
1. La Voce n. 1 pag. 15.
2. Partito operaio americano: gli USA sono il paese capitalista più avanzato, dove la democrazia borghese si è sviluppata più ampiamente e il primo dove la borghesia ha instaurato un regime di controrivoluzione preventiva. Qui la borghesia imperialista è riuscita a depoliticizzare gli operai, a ridurre gli operai a non avere, come classe, un ruolo politico proprio, benché di contro conducano lotte rivendicative accanite. È anche il paese delle molteplici sette che hanno un programma “marxista puro” (in realtà uno schema dogmatico) e sono staccate dal movimento pratico degli operai. L’obiettivo dei comunisti consiste nel portare gli operai ad avere come classe un obiettivo politico: conquista del potere e riforma della società. Per realizzare questo obiettivo, i comunisti possono anche fare alcuni sacrifici programmatici (v. i consigli di Engels ai socialisti americani e quelli di Marx ed Engels ai socialisti tedeschi, riassunti nella introduzione di Lenin alle lettere di Marx, Engels e altri a Sorge, Opere vol. 12)
3. Per questo, v. Il bilancio degli anni ‘70 in La Voce n. 2 e Cristoforo Colombo di Pippo Assan (reperibile nella pagina web di La Voce).
4. Vedi Il bordighismo, una vecchia piaga del movimento comunista italiano, in La Voce n. 8.