Torna all'indice del n° 9 - novembre 2001
I tre stadi
Cosa
fare per costituire il nuovo partito comunista?
Costituire
il nuovo partito comunista italiano è la sintesi dei compiti dei comunisti
italiani in questa fase.
Uno
degli insegnamenti datici dal movimento comunista è che le masse popolari non
riescono a spodestare la borghesia imperialista e a prendere il potere se non
sono dirette dalla classe operaia tramite il suo partito comunista. Ma il
partito non è semplicemente l’organizzazione disciplinata dei comunisti (come
grossomodo pensava Bordiga). Il partito comunista di cui abbiamo bisogno è
qualcosa di più. Esso riesce a svolgere il suo compito solo se è l’avanguardia
organizzata della classe operaia, cioè l’insieme degli operai avanzati uniti da
una comune organizzazione e dalla comune adesione alla concezione comunista del
mondo e al programma comunista.
Da
questo insegnamento alcuni compagni e FSRS derivano la tesi che un partito
comunista capace di svolgere il suo ruolo storico è possibile costituirlo solo
quando esso può nascere con l’adesione di gruppi consistenti di operai delle
più significative zone o strutture produttive della società italiana. Essi,
costituendosi in partito, diventerebbero quella avanguardia organizzata della
classe operaia, parte comunista della classe operaia, senza di cui siamo
d’accordo che il successo della rivoluzione socialista è impossibile. Questa
tesi (“prima gli operai comunisti, poi il partito comunista”) ha ispirato e
ispira l’attività della AsLO, del MPA-ANA e di altre FSRS.(1) D’altra parte
anche questi compagni hanno dovuto prendere atto del fatto che, stante la
storia del movimento comunista del nostro paese, oggi (a differenza di quanto
avveniva nel 1921) non esiste una importante frazione di operai che abbiano la
volontà e la capacità di costituire il nuovo partito comunista. Quindi dalla
loro tesi sopra indicata, hanno derivato la conclusione che nell’immediato è
impossibile costituire il partito comunista e che bisogna prima far sorgere
(secondo alcuni) o che sorgano (secondo altri) gli operai comunisti.
Se
consideriamo l’esperienza del movimento comunista e la situazione concreta in
cui siamo noi comunisti italiani, questa conclusione è sbagliata. In pratica
poi essa porta a rimandare la costituzione del partito a condizioni che essa
stessa impedisce di creare.
È un
fatto che oggi in Italia gli operai avanzati sono dispersi tra le masse e
sostanzialmente incapaci di iniziativa politica autonoma. Inoltre la
maggioranza di essi non aderisce al comunismo, anche se solo aderendo al
comunismo riusciranno a realizzare le loro aspirazioni. Ma a scanso di equivoci
va subito aggiunto sia che esistono e in numero ragguardevole, sia che alcuni
di essi aderiscono all’una o all’altra delle FSRS. In questa situazione per noi
comunisti, per chi si pone concretamente e realisticamente il compito della
costituzione del nuovo partito comunista, il lavoro da fare, per quanto
riguarda gli operai avanzati, consiste nel fondere il comunismo (inteso come
concezione del mondo e come programma) con gli operai avanzati, far diventare
il comunismo concezione e programma degli operai avanzati, conquistare gli
operai avanzati al comunismo. I compagni cui accennavo sopra, quelli che non
sono attendisti, propongono che ogni comunista, ogni FSRS compia questo lavoro
in ordine sparso, ognuno alla sua maniera. Cioè nelle condizioni più difficili,
che rendono il suo successo praticamente impossibile. Concretamente oggi alcune
migliaia di persone che si dicono e si ritengono comuniste, individui isolati o
membri di alcune decine di artigianali FSRS, affrontano quel compito, ognuna
con le concezioni e con gli strumenti che si trova ad avere. È evidente che in
questo modo il lavoro svolto è in gran parte infruttuoso. Né potrebbe essere
diversamente. Infatti ogni compagno o ogni FSRS cerca di realizzare con
concezioni e con strumenti primitivi, quando non addirittura sbagliati, il suo
compito, mentre la borghesia imperialista, spontaneamente dove non opera già
anche consapevolmente, oppone resistenze di ogni genere (da quelle culturali a
quelle poliziesche) alla penetrazione di concezioni e programmi comunisti tra
gli operai. L’accanimento per l’abolizione dell’articolo 18 dello Statuto dei
lavoratori (giusta causa per i licenziamenti individuali) ne è una
manifestazione plateale.
Noi
comunisti possiamo certamente conquistare gli operai avanzati al comunismo
proprio perché solo aderendo al comunismo questi riusciranno a realizzare le
loro aspirazioni. Ma a questo fine dobbiamo anzitutto costituirci in partito
comunista. Il che vuol dire che dobbiamo far pulizia delle mille porcherie di
cui la borghesia e i revisionisti hanno inquinato la nostra concezione del
mondo e il nostro programma e di cui spesso non ci rendiamo nemmeno conto salvo
disperarsi per l’inefficacia dei nostri sforzi; che dobbiamo presentare agli
operai avanzati una concezione d’avanguardia e rivoluzionaria (che è quella che
corrisponde effettivamente all’esperienza del movimento comunista); che
dobbiamo nel nostro lavoro con loro dimostrare l’efficacia della nostra
concezione del mondo e degli obiettivi pratici e dei metodi d’azione che ne
discendono. Cioè dobbiamo affrontare il nostro compito con un’organizzazione all’altezza
delle concezioni del movimento comunista. Detto in altre parole, questo vuol
dire che noi comunisti dobbiamo anzitutto costituire noi il partito comunista e
con questo partito affrontare il compito di conquistare al comunismo gli operai
avanzati, facendo così diventare il nuovo partito comunista quella avanguardia
organizzata della classe operaia che sola (su questo siamo d’accordo) può
adempiere al compito di mobilitare e guidare le masse popolari, vale a dire
milioni di uomini, all’attacco vittorioso contro la borghesia imperialista e
all’instaurazione del socialismo. Ovviamente in questo lavoro gli operai
avanzati che già sono comunisti e aderiscono all’una o all’altra delle attuali
FSRS possono e quindi devono svolgere un ruolo particolarmente importante.
Schematizzando
e dando una rigida successione temporale a passaggi che in realtà in parte sono
contemporanei, diciamo: prima (stadio primo) noi comunisti dobbiamo costituire
il nuovo partito comunista. In un secondo tempo (stadio secondo) questo partito
comunista deve conquistare al comunismo gli operai avanzati e man mano che
realizzerà questo obiettivo si trasformerà nell’avanguardia organizzata della
classe operaia. In un terzo tempo (stadio terzo) il partito così trasformato
mobiliterà il grosso della classe operaia e il resto del proletariato e delle
masse popolari per l’attacco alla borghesia imperialista. Questo schema in tre
stadi ovviamente è grossolano e approssimativo. Ma serve per capirsi. In realtà
per svolgere il compito del primo stadio dovremo in qualche misura affrontare
già anche i compiti del secondo e in una minima misura perfino quelli del terzo
stadio. E per svolgere i compiti del secondo stadio dovremo già affrontare in
misura ancora maggiore anche i compiti del terzo. Così come, nel compiere il
lavoro del secondo stadio completeremo il compito del primo e nello svolgere il
compito del terzo stadio completeremo il compito del secondo. Dobbiamo quindi
intendere i tre stadi sopra indicati non come tappe separate da una muraglia cinese,
ma come tre tappe distinte ma legate l’una all’altra dai precisi legami che ho
indicato.
In
cosa consiste la distinzione dei tre stadi? Ogni stadio si distingue dagli
altri per la natura del lavoro principale che gli è proprio. Nel primo stadio è
principale il lavoro per unire i comunisti a costituire il nuovo partito
comunista. Nel secondo stadio è principale il lavoro di conquistare gli operai
avanzati al comunismo. Nel terzo stadio è principale il lavoro di mobilitare e
guidare le masse ad attaccare la borghesia imperialista.(2) Da qui l’utilità
pratica di distinguere i tre stadi. Nel primo stadio i lavori propri del
secondo e del terzo stadio sono sì compiuti, ma solo nella misura necessaria al
compimento del lavoro del primo stadio e in funzione di questo compimento. È
quindi sbagliato valutare i risultati conseguiti nel primo stadio sulla base
del numero di lavoratori avanzati conquistati alla causa del comunismo o sulla
base dell’ampiezza della mobilitazione di massa che si è realizzato. Come in
generale è sbagliato valutare i risultati conseguiti in uno stadio dai
risultati conseguiti nel lavoro che in quello stadio è secondario. Prendiamo ad
esempio la polemica tra i CARC e il Comitato Comunista Prenestino (ComComPre) e
l’Associazione per la Liberazione degli Operai (AsLO) riportata su Rapporti
Sociali n. 28. Tra le altre cose, il ComComPre e l’AsLO rimproverano ai
CARC di essere poco presenti nelle lotte di fabbrica. I CARC avrebbero dovuto
chiedere al ComComPre e all’AsLO che risultati avevano tratto, ai fini della
ricostruzione del partito, dalla loro “maggiore presenza” nelle lotte di
fabbrica in più di quelli che i CARC avevano tratto con la loro “minore
presenza”. Perché questo è il punto del problema e non altro.(3) Se oggi il
compito principale è costituire il partito, è ovvio che chi lavora nelle
aziende non per imparare a costituire il partito ma per conquistare gli operai
avanzati al comunismo o per mobilitare gli operai contro la borghesia
imperialista, non può che restare deluso dai risultati che ottiene e in
assoluta buona fede può ricavare dalla sua esperienza un bilancio in realtà
disfattista: la mobilitazione è limitata nella quantità, di breve durata e
limitata a problemi immediati, la solidarietà di un gruppo di operai con altri
gruppi è un’eccezione, alcuni operai avanzati aderiscono a partiti reazionari o
hanno concezioni reazionarie, ecc.
La
conquista degli operai avanzati al comunismo e la mobilitazione anticapitalista
(antimperialista) degli operai, dei proletari e delle masse popolari sono
compiti in un certo senso di ordine superiore a quello di costituire il nuovo
partito comunista e i comunisti riescono a svolgerli con continuità, su grande
scala e con successo solo se si sono costituiti in partito comunista. Finché agiscono
con concezioni sbagliate o confuse e con metodi e forze artigianali, i loro
sforzi, per quanto generosi, danno scarsi risultati. E la scarsità di
risultati, a volte porta persino a conclusioni disfattiste o liquidatorie.(4)
I
sostenitori consapevoli della linea “prima gli operai comunisti, poi il partito
comunista” in realtà si sono arresi o si arrendono di fronte alle innegabili
difficoltà che si incontrano nell’unire i comunisti a costituire il nuovo
partito comunista e per, secondo la colorita ma efficace espressione di un
compagni, far spremere alle attuali FSRS quello che ognuna di esse può dare per
il nuovo partito comunista. Si sono arresi e demandano la soluzione del
problema (la costituzione del nuovo partito comunista) a un futuro mitico in cui
esso sarebbe facilmente risolto da operai comunisti, liberi dagli inciampi
propri delle attuali FSRS effettivamente inquinate da molteplici influenze di
vario genere della borghesia, cariche dei residui del revisionismo moderno e
delle cento deviazioni che al suo seguito sono rifiorite come verdeggianti
erbacce, attardate dall’atmosfera di lassismo morale, di ottundimento
intellettuale e di sfiducia nelle proprie forze e nel comunismo che la
sconfitta del movimento comunista ha diffuso e che la borghesia alimenta, con
una composizione di classe in cui i declassati (le persone che è impossibile
assegnare a una classe definita) prevalgono sui proletari e ancora più sugli
operai, composte per lo più da individui dalle storie individuali disparate.
Ma, appunto, si tratta di un futuro mitico, concepito dalla fantasia per
giustificare la rinuncia al duro ma attuale e pratico sforzo del presente.
Guardiamo
alla storia del movimento comunista. La storia del POSDR ci presenta un esempio
chiarissimo. Ci vollero vari anni (dal 1885 al 1903) per “far spremere” ai
comunisti e alle FSRS (allora li chiamavano “circoli”) il partito comunista e
la lotta su questo fronte continuò anche dopo (dal 1903 al 1917) quando divenne
principale il compito di conquistare gli operai avanzati al comunismo.
Persino
la storia del primo partito comunista italiano conferma chiaramente la tesi che
sostengo. Nel 1921 alla costituzione del partito comunista parteciparono molti
operai comunisti a cui la Rivoluzione d’Ottobre aveva dato modo di capire la
sostanza della loro condizione e del loro compito (cioè operai che oggi da noi
non esistono). Nonostante questo il partito si trovò presto (per una serie di
avvenimenti su cui qui non mi fermo) a dover conquistare al comunismo gli
operai avanzati. E fu un lavoro lungo e duro. Uno dei protagonisti, Luigi
Longo, lo caratterizza così: “(...) la tenace e caparbia resistenza del partito
al fascismo, in qualsiasi condizione, la costante sua affermazione di restare
legato alle masse operaie e alla fabbrica, indipendentemente dai risultati
concreti immediatamente possibili, hanno creato nei militanti e negli strati
più avanzati [degli operai] una coscienza veramente comunista, operaia,
antifascista, che, nonostante tutte le difficoltà, li ha portati a restare
sempre attivi e a preparare l’ambiente ideologico e psicologico in cui poi è
stata possibile la Resistenza (...)”.(5)
Si
tratta quindi anzitutto che noi comunisti ci costituiamo in partito.
Concentriamo quindi l’attenzione sulla costituzione in partito a partire dai
comunisti e dalle FSRS attualmente esistenti.
Costituirci
in partito non è solo una questione organizzativa: aderire tutti a una unica
organizzazione. Occorre sia condividere la stessa concezione del mondo, sia
condividere lo stesso programma politico, sia unirsi in una unica
organizzazione (un unico statuto, un unico sistema di direzione, un unico
sistema di divisione dei compiti, un unico sistema di reperimento e uso delle
risorse). Dire che è un’operazione semplice sarebbe insultare quei compagni che
ci hanno preceduto e che dalla metà degli anni 50 in qua hanno cercato di
costituire il nuovo partito comunista. Ma ciò non vuol dire che è impossibile.
Le
FSRS sono quanto resta del movimento comunista come movimento consapevole e
organizzato. La costituzione del nuovo partito passa attraverso la
trasformazione di questo aggregato, facendo esprimere ad ogni sua parte tutto
quanto può dare di utile alla costituzione del partito. La trasformazione delle
attuali FSRS è quindi una componente essenziale del lavoro per la costituzione
del nuovo partito comunista.
L’idea
di costituire il nuovo partito comunista prescindendo dalle attuali FSRS ha
tentato e tenta vari compagni. Rossoperaio è l’esempio più chiaro di
questa tendenza. L’idea sembra semplice ed efficace: perché rompersi la testa
con le altre FSRS e non andare avanti noi da soli? In sostanza è la strada che
hanno preso dal 1960 a oggi tutti quelli che ad un certo punto si sono
costituiti in partito comunista. In realtà è una idea semplicista e avventurista
(e i risultati dei tentativi di realizzazione compiuti lo confermano). È la
rinuncia a fare i conti con ciò che esiste e i fatti hanno la testa dura. È far
leva unicamente sulla propria volontà e determinazione trascurando i processi
in corso e le contraddizioni che li determinano. Sugli operai avanzati non
agisce solo la nostra volontà e gli eventi che noi determiniamo. Agiscono anche
altri fattori. Se non ne teniamo conto, l’appello che noi lanciamo e le
attività che noi sviluppiamo per conquistarli al comunismo sono poco o nulla
efficaci. “Perché conquistiamo così pochi operai avanzati al comunismo?”:
questa è la domanda che dovrebbero porsi apertamente i “partiti comunisti”
costituiti in base a quella “idea semplice ed efficace”. I sostenitori di
quella “idea semplice ed efficace” in realtà hanno una scarsa comprensione del
ruolo e della natura di un partito comunista, lo distinguono poco dalle attuali
FSRS.
Certamente,
non dico che dobbiamo costituire il partito comunista solo quando tutte o gran
parte delle attuali FSRS convergeranno. Il problema delle FSRS continuerà
probabilmente anche dopo la costituzione del partito. In La Voce n. 1
abbiamo indicato il ruolo che, per quello che noi oggi riusciamo a capire,
svolgeranno le attuali FSRS dopo la costituzione del partito.(6) Ma si tratta
di creare tra gli attuali comunisti e tra le attuali FSRS un movimento di
aggregazione abbastanza forte e con discriminanti abbastanza chiare e pratiche
da assorbire in sé quanto di adeguato al partito oggi esiste nelle varie FSRS,
che è anche quello che fa di ognuna di esse un centro di attrazione per operai
avanzati. È uno sviluppo e una maturazione nel campo delle attuali FSRS che
deve determinarsi e che si concretizzerà nella formazione dei Comitati di Partito
provvisori e nella conclusione del lavoro per definire il Manifesto Programma e
lo Statuto del partito.
Quindi
aspettiamo che la maturazione avvenga? Assolutamente no! È solo la lotta
ideologica che può mobilitare e raccogliere la sinistra di ogni FSRS (e in essa
gli operai avanzati hanno un posto e un ruolo di rilievo) perché dia battaglia
per la costituzione del nuovo partito comunista. Ma chi è la sinistra? Chi
coerentemente fa sua la causa della ricostruzione del partito e la pone a base
e a fine di tutta l’attività della sua organizzazione. La situazione
rivoluzionaria in sviluppo è sempre più chiara giorno dopo giorno. La nuova
“guerra mondiale” scatenata da Bush ne è una chiara dimostrazione. Si tratta,
dal lato soggettivo, di portare a fondo la lotta per trasformare quanto oggi
esiste di comunista, dovunque esista, in ingrediente del nuovo partito
comunista.
Si
tratta in ogni FSRS di individuare, snidare ed eliminare la destra che non
vuole costituire il partito e di coinvolgere ogni FSRS in un serrato dibattito
sul bilancio del movimento comunista (vale a dire sulla concezione del mondo) e
sul programma del nuovo partito, per individuare e rafforzare le idee giuste ed
eliminare le idee sbagliate. L’unità dei comunisti non passa per l’occultamento
delle divergenze, ma per la loro chiara individuazione e per la ricerca della
soluzione giusta di ogni problema.(7) Dibattito serrato in questo caso vuol
dire semplicemente dibattito finalizzato alla costituzione del partito. Quindi
non dibattito per temi scelti a caso o dettati da scadenze esteriori, ma
dibattito per il Manifesto Programma del nuovo partito. In questo contesto sia
le iniziative politiche comuni (iniziative relative al lavoro di massa, di
propaganda e di mobilitazione, di sostegno alle lotte delle varie classi delle
masse popolari, di denuncia della politica della borghesia imperialista, di
orientamento) sia la solidarietà reciproca di fronte alle manovre della
borghesia imperialista e alla repressione sono il necessario corollario pratico
che supporta il dibattito. Perché il dibattito teorico ha bisogno di riscontri,
di verifiche, di alimentarsi con l’esperienza del lavoro di massa, col
confronto con la problematica degli operai avanzati e degli elementi avanzati
delle altre classi delle masse popolari. Quindi un lavoro politico funzionale
al compito principale del momento.
Nel
1998 i CARC hanno indicato (v. Rapporti Sociali n. 19 pagg. 8 e 9) sei
discriminanti, che il Fronte Popolare per la ricostruzione del partito
comunista (FP-rpc) ha riproposto. Io credo che esse costituiscono ancora
l’ossatura di un dibattito. Ad esse va aggiunta la settima discriminante (il
carattere clandestino del nuovo partito comunista) posta dalla CP nel 1999 (La
Voce n. 1) e, ottava discriminante, il maoismo come terza superiore tappa
del pensiero comunista dopo il marxismo e il leninismo e come bilancio della
prima ondata della rivoluzione proletaria. Attorno a queste otto discriminanti
dobbiamo determinare quella maturazione del campo delle FSRS che sopra indicavo
come via alla costituzione del nuovo partito comunista. Esse affrontano tutti i
principali problemi che oggi sono sul tappeto e per ognuno indicano una scelta.
Bisogna determinare uno schieramento chiaro rispetto ad esse. Per questo
bisogna anzitutto chiarire, pazientemente ma in modo inequivocabile, il
significato pratico, nell’attività politica di oggi, di ognuna di esse.
Il Progetto
di Manifesto Programma proposto dalla SN dei CARC nell’ottobre ‘98, con
l’integrazione delle tesi esposte nel n. 1 di La Voce pag. 23 - 52 (la
guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata come forma della rivoluzione
socialista e il carattere clandestino del partito) e delle Dieci Misure
Immediate (proposte da La Voce n. 5, Un programma minimo? e
fatte proprie anche dal FP-rpc) da una parte e dall’altra il “piano in due
punti per la costituzione del partito comunista” proposto dalla CP (La Voce
n. 6) e di cui la CP sta promuovendo la realizzazione, riassumono il lavoro da
fare. Questo piano in due punti è la nostra guida, la sintesi delle nostre
linee e delle nostre riflessioni. È il piano che i compagni che l’hanno
proposto e altri che lo condividono stanno portando avanti e che tutti i
compagni più decisi e convinti devono portare avanti. Dalla sua attuazione
scaturirà, credo a tempi non più tanto lunghi, il congresso di fondazione del
nuovo partito. È un piano aperto a tutti i compagni e a tutte le FSRS e che
nello stesso tempo in un certo senso contiene in sé la verifica della serietà e
della capacità di ogni compagno che si candida a essere membro del nuovo
partito, della sua capacità di dedicare alla causa del comunismo quanto è
necessario per essere membro del partito. Ma all’attuazione del piano
concorrono anche quei compagni che per un motivo o per l’altro non è il caso
che aderiscano al partito. Il partito comunista già oggi e tanto più domani
vive e si rafforza grazie al contributo di tutti i lavoratori avanzati e delle
masse popolari in generale. È un cantiere in cui c’è lavoro per tutti quelli
che vogliono anche solo in qualche misura collaborare, nessuno è un esubero. È
un organismo che utilizza tutto quanto è disponibile e che favorisce la
crescita di tutto quanto può crescere.
Umberto C.
NOTE
1. È la tesi sostenuta ad es. anche dalla CCA, dagli Innominati di cui ho parlato nell’articolo Fare il lancio pubblicitario di un simil-sciampo o scoprire l’acqua calda? (La Voce n. 4), da Inchiesta Operaia di Torino, dai promotori di “coordinamenti operai” che si occupano di lotte rivendicative e sindacali e non della ricostruzione del partito comunista (La Voce n. 7 pag. 35). Su essa verte la terza delle sei discriminanti indicate in Rapporti Sociali n. 19 (Le sei discriminanti e i quattro problemi).
2. Lenin in L’estremismo malattia infantile del comunismo cap. 10 indica chiaramente, nel 1920 e ai partiti della Internazionale Comunista, il secondo compito (“attrarre l’avanguardia cosciente del proletariato dalla parte dei regime dei soviet e della dittatura della classe operaia”), come condizione preliminare per il terzo (“condurre le masse sulla nuova posizione, atta ad assicurare la vittoria dell’avanguardia nella rivoluzione”).
3. Ovviamente sia i CARC sono ancora in tempo a chiederlo, sia il ComComPre e l’AsLO sono ancora in tempo a spiegarlo, anche se i CARC non lo chiedono. Così la polemica diventerebbe più interessante e più feconda.
4. Normalmente (cioè fatta eccezione degli operai educatisi al comunismo nei partiti revisionisti e degli operai intellettualizzati) gli operai diventano comunisti aderendo al partito comunista, a differenza degli intellettuali che sovente aderiscono anzitutto e per lungo tempo alle idee comuniste senza aderire al partito comunista. Le diverse caratteristiche di classe che determinano questa differenza sono illustrate da Lenin nel punto m) di Un passo avanti e due indietro (1904), parlando degli intellettuali e rifacendosi allo scritto di K. Kautsky Franz Mehring (in Neue Zeit, n. 22, 1903).
5. L. Longo - C. Salinari, Tra reazione e rivoluzione, Ed. del Calendario 1972 pag. 260.
6. Ho trattato questo tema anche in La Voce n. 3, Le FSRS e la ricostruzione del partito comunista.
7. Consiglio ai lettori di studiare lo scritto di Lenin Due punti di vista sull’unificazione (da Note di un pubblicista, 1910, in Opere vol. 16). Ritengo che sia molto pertinente per la situazione che noi comunisti italiani affrontiamo oggi. Lo scritto è reperibile sulla nostra pagina web.